Lamezia Terme, 28 novembre 2013 - La sua produzione iniziò qualche migliaio di anni prima del vino e della birra. Fu, probabilmente, la bevanda alcolica più utilizzata nel mondo antico prima della diffusione della vite. Parliamo dell'Idromiele.
Sorseggiato da egizi, celti, popoli nordici, slavi, greci, romani, indiani. Tutti i popoli dell'Asia Minore e dell'Africa Centro-orientale. A Lamezia, c'è una piccola azienda a conduzione familiare, “Apicoltura Miceli” ubicata in condrada Richetti, che ha ripreso la produzione di questa antica e bevanda ottenendo consensi e riproponendo appunto una tradizione che di fatto si era persa nei secoli. Roberto Gigliotti è artefice insieme alle figlie, di questa nuova avventura artigianale attraverso un'antica ricetta. "La nostra piccola azienda - dice Roberto - ama le cose semplici e genuine, soprattutto quelle che hanno la facoltà di portarci indietro nel tempo e, al tempo stesso, di condurci lontano. Riscoprendo un’antica ricetta, segretamente custodita da “nonno Giovanni” (capostipite della nostra azienda), ed utilizzando gli stessi metodi ed attrezzi da lavoro, tornati alla luce dopo le opportune operazioni di “restauro”. L'idromele, è un prodotto speciale, una bevanda che richiama vecchi sapori, mescolando storia, leggenda e tradizione, composta da acqua e miele. Da gustare fresco, come aperitivo, con formaggi e con qualsiasi tipo di carne, meglio se arrostita. E’ ottimo anche come dessert, accompagnato con pasticceria secca. O come digestivo da sorseggiare a fine giornata. E’ una bevanda gustosa e senza eguali. I celti bevevano idromele in quasi tutte le cerimonie sacre che scandivano il ritmo delle stagioni. L'idromele lo consideravano sacro, essendo del divino nell'unione tra cielo e terra, in quanto combinazione tra il lavoro dell'ape, messaggero celeste che trasforma il sole in miele, e l'acqua, linfa vitale che scorre nelle vene della madre Terra. Sempre i celti, davano un valore simbolico d'immortalità a questa bevanda, seppellendo botti e corni potori nelle tombe regali, affinché il defunto non rimanesse assetato nel viaggio verso il Sidhe, l'Aldilà celtico. I Vichinchi addirittura costruivano le salse dell'idromele, anticamente destinate a banchetti e festeggiamenti di successo bellico e di eventi religiosi. Diciamo che l'ebbrezza provocata dal consumo di questa bevanda regalava agli antichi l'illusione di potersi avvicinare alla divinità, di poterla vedere, di poterci parlare. Nel Medioevo e nel resto dell'Europa Italia compresa, sempre secondo quanto riportano antichi testi e moderne enciclopedie, era tradizione assicurare alle coppie appena sposate una scorta d'idromele, spesso portata in dote dalla sposa, che doveva bastare per un mese, 28 giorni, ovvero, una luna dal giorno delle nozze. Il suo consumo era auspicio di felicità e fecondità e si credeva potesse influire positivamente sulla procreazione di eredi maschi. Forse, proprio per questo motivo, oggi si usa definire il primo periodo dopo il matrimonio “luna di miele”. Anche stando a quanto si narra in merito alle nozze celebrate per Beltane, antica festa pagana gaelica celebrata attorno al primo maggio. Gli sposi si ritiravano in disparte, in una capanna. Per l'intera luna si dedicavano a fare l'amore". In Calabria - conclude Roberto - questo prodotto è poco conosciuto. Proprio per questo, la nostra piccola azienda di apicoltura ha riscoperto questa antica ricetta e cerchiamo di farla conoscere. Intendiamo riproporre antichi e genuini sapori, soprattutto da un punto di vista storico-culturale e della conservazione delle tradizioni alle future generazioni. Per le prossime festività di Natale potrebbe essere un'ottima idea regalo.
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